lunedì 11 gennaio 2010

La parola ebreo




Rosetta Loy


Einaudi 1997, rist. 2009

€ 10,00



Se vado indietro nel tempo e penso a come la parola «ebreo» è entrata nella mia vita, mi vedo seduta su una seggiolina azzurra nella camera dei bambini… Posso guardare nell’appartamento al di là della strada dove dai vetri aperti le tende dondolano all’aria. In quella casa c’è una festa, si vedono persone andare e venire. In quella casa da poco è nato un bambino, quella festa è per lui. «Un battesimo?» chiedo. No, mi dice la donna che è seduta accanto a me su un’altra seggiolina dove il suo corpo rimane avvolto come una palla, certo che no, ripete: lei è Annemarie, la mia Fräulein. Sono ebrei aggiunge accennando con il mento al di là della finestra, loro i bambini non li battezzano, li circoncidono.


Storia e memoria si intrecciano in questo prezioso libro pubblicato da Einaudi nel 1997 e più volte ristampato. Rosetta Loy (1931) ricostruisce la sua infanzia dorata tra i primi anni Trenta e la fine del secondo conflitto mondiale, un’infanzia tenuta bene al riparo dagli orrori dell’antisemitismo e della guerra. Ai ricordi personali si alternano le tappe del tragico percorso che, dall’emanazione delle leggi razziali, ha segnato la vicenda degli ebrei a Roma e in Italia, ricostruite con precisione documentaria, mentre emergono domande urgenti e brucianti: come e perché, improvvisamente, dopo i decreti del 1938, i vicini di casa e tanti amici e conoscenti che avevano popolato la sua quotidianità di bambina si trasformarono in altre persone, nuove e diverse persone, private quasi completamente della propria identità? Perché la sua famiglia, cattolica, non schierata con il fascismo e anzi culturalmente molto lontana da esso, e tante altre della borghesia romana, accettarono con indifferenza le persecuzioni degli ebrei? Perché pochi fecero qualcosa? Quale ruolo ebbero in tutto questo la Chiesa cattolica, la diplomazia vaticana e Pio XII, ora tanto vicino alla beatificazione?
La "confessione" di Rosetta Loy – ha scritto David Bidussa – non riguarda i vinti, riguarda coloro che hanno visto i vinti perdere, che hanno scelto di stare ai margini della storia convinti che tra schierarsi ed astenersi il secondo corno dell'alternativa fosse quello più consono. Che non hanno da rivendicare un passato, che apparentemente si astengono dalla storia, ma che in realtà contribuiscono pesantemente a determinarla e spesso, nella "lunga durata", sono i veri vincitori nella storia. In una parola "gli eterni" perché indifferenti. Per la prima volta dal mondo della "zona grigia" si alza una voce e affronta con gravità la propria condizione, forse anche il privilegio derivato dalla propria scelta.
a.bu.

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