Susan Abulhawa
Feltrinelli, 2013
€ 9,50
In un tempo lontano, prima che la storia marciasse per le colline e annientasse presente e futuro, prima che il vento afferrasse la terra per un angolo e le scrollasse via nome e identità, prima della nascita di Amal, un paesino ad est di Haifa viveva tranquillo di fichi e olive, di frontiere aperte e sole.
Susan Abulhawa narra, a partire dal 1941, la tragedia della terra di Palestina, martoriata ancora oggi. In queste pagine che urlano dolore e rabbia, ma non rancore, sono descritte tutte le tappe attraverso le quali la popolazione palestinese fu cacciata dalle proprie case per le tende dei campi profughi. Chi ci accompagna in questo viaggio, dal villaggio di 'Ain Hod al campo profughi di Jenin, è Amal, l'amata nipotina del patriarca Yehya Abulheja.
Quando la famiglia preparò il suo corpo per la sepoltura trovò tre olive nella mano destra e alcuni fichi dentro alle tasche … Così, tra le lacrime, la popolazione del fatiscente campo di Jenin pianse la morte di Yehya celebrando la sua vita ed il suo ultimo gesto di coraggio e amore per la terra.
Una storia lunga sessant'anni raccontata quasi anno per anno che, mentre narra i fatti storici realmente accaduti e chiama in causa i responsabili, entra nelle stanze di una famiglia annientata dalla guerra.
Ed i proiettili si conficcano anche nella carne di noi che leggiamo.
Amal, segnata anche nel corpo, emigrata in America, perderà via via tutti i suoi cari e rimarrà sola, indurita e chiusa nel suo dolore. Con lei c'è Sara, la figlia che riesce ad amare solo di notte, quando la bambina dorme e lei le accarezza i capelli e la copre di baci.
Ma l'amore per la propria terra tuttavia sopravvive ed il desiderio di Sara di conoscere la storia della nonna Dalia, della bisnonna Bassima, dello zio Yussef, della zia Huda, uccisa nel campo di Shatila e di tutti gli altri, riporteranno Amal a Jenin un'ultima volta.
Anche la storia d'amore di sua e madre e suo padre era nata lì.
L'azzurro Mediterraneo lambiva i nostri piedi e si perdeva all'orizzonte in un cielo senza nubi. Non si capiva dove finisse il mare e cominciasse il cielo e fu in quell'azzurro infinito che venni toccata dal sorprendente incantesimo dell'amore.
Susan Abulhawa è nata da una famiglia palestinese in fuga dopo la Guerra dei Sei giorni e ha vissuto i suoi primi anni in un orfanotrofio di Gerusalemme. Adolescente, si è trasferita negli Stati Uniti e si è laureata in scienze biomediche. Vive in Pennsylvania. Autrice di numerosi saggi sulla Palestina, per cui è stata insignita nel 2003 del premio Edna Andrade, ha fondato l'associazione Playgrounds for Palestine, che si dedica ai bambini dei Territori Occupati.
Ogni mattina a Jenin, il suo primo romanzo, è stato pubblicato in ventidue paesi.
marinella m.