mercoledì 22 gennaio 2014

Memoria 3


Anna Foa

Portico d'Ottavia 13
Una casa del ghetto nel lungo inverno del '43

Laterza 2014, € 15,00


La casa al numero 13 del Portico d’Ottavia fa parte di un vasto complesso edilizio sorto nella prima età medievale su resti di età augustea. Rimase a margine del ghetto, anche dopo l’ampliamento che del ghetto aveva voluto papa Leone XII nel 1824. Degli inizi del 1500 è la trasformazione in palazzo signorile di stile rinascimentale con l’ampio cortile interno e il loggiato sorretto da colonne di marmo. Di poco successiva è la costruzione della casa al numero 9, legata alla prima da un unico loggiato al piano superiore. Nei secoli successivi subì ulteriori modifiche in ragione del succedersi della proprietà e delle relative disponibilità e necessità. Oggi è uno splendido palazzo che mantiene la loggia interna sorretta dalle antiche colonne e la scala in marmo che conduce all’ultimo piano.
Nel 1943, quando all’alba del 16 ottobre vi fecero irruzione le SS di Dannecker, durante la razzia del vecchio ghetto di Roma, l’edificio era assai degradato e abitato da poveri ambulanti e piccoli commercianti, tutti ebrei, tranne il falegname, che abitava al piano terreno.
Dalla casa furono presi in trentacinque, e nei mesi successivi, grazie alla collaborazione indispensabile dei fascisti italiani, furono arrestati quattordici dei suoi abitanti, sei dei quali saranno assassinati alle Fosse Ardeatine il 24 marzo del ’44.
In quella famigerata notte furono rastrellate in tutto 1024 persone, delle quali oltre 200 erano bambini. Due giorni dopo partiranno dalla Stazione Tiburtina con destinazione finale Auschwitz: torneranno in sedici, quindici uomini, una sola donna, nessun bambino.
Nel 2000 Anna Foa va ad abitare nella casa in via del Portico d’Ottavia 13 e nasce in lei il desiderio di ricostruire la storia della Casa e le vicende dei suoi inquilini. Per questo quando ho saputo che coloro che avevano abitato nel mio appartamento si erano salvati tutti, ne ho provato un grande sollievo, quasi si fosse trattato della mia famiglia.
Dopo aver consultato negli archivi i documenti conservati dalla grande Storia e con la passione civile che ogni ricerca richiede, Anna Foa entra nel portone, sale e poi riscende, le scale della casa, proprio come devono aver fatto i nazisti di Dannecker.

Recentemente, una pietra d’inciampo, un sampietrino d’ottone che segnalano sulla soglia di una casa la deportazione di uno o più dei suoi abitanti, è stata collocata di fronte al portone. Ricorda solo uno di quei deportati, una donna incinta di nove mesi portata via il 16 ottobre 1943. Per mettervi una pietra per ognuno dei suoi abitanti mandati a morire, non basterebbe lo spazio di un lenzuolo. Che questo sia per voi come quel lenzuolo.

marinella m.

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