mercoledì 16 aprile 2014

Caffè Babilonia




Marsha Mehran

traduzione di Adelaide Cioni
Beat, 2013
€ 9,00






Marjan, Bahar e Layla Aminpour sono fuggite dall’Iran khomeinista. Dopo una tappa a Londra, si stabiliscono a Ballinacroagh, un piccolo centro dell’Irlanda occidentale ai piedi del monte di San Patrizio. Qui rilevano la pasticceria di Luigi ed Estelle Delmonico, chiusa dopo la morte del pasticcere napoletano, dove per tanti anni sono state sfornato dolci delizie italiane.
Le sorelle decidono di chiamare il locale Caffè Babilonia ed è Marjan, la maggiore delle ragazze, a cucinare i piatti tradizionali della loro terra e della loro infanzia.
La diffidenza degli abitanti, alimentata da Thomas McGuire, individuo gretto, apertamente razzista e proprietario di tutti i pub di Ballinacroagh, si scioglie quando il primo cliente del locale, padre Fergal Mahoney, assaggia l’abgusht di Marjan, un piatto a base di agnello, verdure, curcuma e paprika.
La pubblicità del pastore porterà quasi tutti gli abitanti al Caffè Babilonia, dove li attendono piatti speziati e bevande profumate, un ambiente caldo e accogliente, un samovar sempre acceso, e la dolcezza di Marjan, che cucina con passione e con amore. È stato proprio a lei che il vecchio giardiniere della loro casa in Persia aveva insegnato a coltivare le erbe aromatiche che la ragazza riesce a far vivere nel freddo clima irlandese.
Mentre Layla, la più giovane e la più bella delle sorelle, si attira subito le simpatie della comunità e si innamora, ricambiata, di Malacky McGuire, Bahar, la seconda, è invece malinconica e sfiduciata, martoriata da continui mal di testa.
Il caffè ha ormai ingranato, molti dei clienti e dei vicini sono diventati buoni amici, e quando Marjan pensa di aver trovato un luogo in cui fermarsi, il terribile episodio che le aveva messe in fuga dall’Iran si ripete. Ma il gusto del cardamomo e del dragoncello, il profumo dell’acqua di rose, il sapore dolce e asprigno della melagrana, non bastano, da soli, a fare un buon piatto. Occorre che gli ingredienti siano lavorati, amalgamati e trasformati. Ed è questo che riusciranno a fare le tre ragazze iraniane dagli splendidi capelli neri, morbidi come la seta: curare le ferite ancora aperte, sconfiggere l’arroganza e la cattiveria del pregiudizio e finalmente trovare la loro casa.

Non parlo dei sussurri timorosi
al buio.
Parlo della luce del giorno e di finestre aperte
e di aria fresca e di una stufa in cui bruciano cose inutili
e di una terra fertile
con una coltivazione diversa e di nascita ed evoluzione e orgoglio.
Parlo delle nostre amorevoli mani
che notte dopo notte hanno costruito un ponte
di messaggi di profumi
e luce e vento.


Marsha Mehran ha lasciato l’Iran durante la rivoluzione khomeinista e si è rifugiata con la sua famiglia in Argentina. A Buenos Aires i suoi genitori hanno aperto un caffè mediorientale, mentre lei studiava in un’università privata scozzese. Ha pubblicato Pane e acqua di rose e Istituto di bellezza Margaret Thatcher.
marinella m.

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