sabato 24 ottobre 2015

Storie al muro




Maria Luisa Meneghetti

Storie al muro
Temi e personaggi della letteratura profana nell'arte medievale


Einaudi 2015
€ 85,00

venerdì 23 ottobre 2015

Séraphine de Senlis



Katia Ricci

Séraphine de Senlis
artista senza rivali

Tufani 2015
€ 14,00

 
Séraphine de Senlis: artista senza rivali è il nuovo saggio (Luciana Tufani editrice) di Katia Ricci, storica dell’arte, appassionata nella ricerca della specificità femminile nelle arti visive e nella vita. “Che cosa desidero vedere che esprima qualcosa del suo e del mio essere donna?”, si chiede Katia, e questo approccio la porta a scrutare e a dare significati a dettagli che magari sfuggono a una lettura “oggettiva“ e comunque mettono in moto la sua soggettività.
Indagando l’interazione arte-vita, dopo l’impressionista Mary Cassatt, un’americana a Parigi, la donna che guarda, e l’inno alla bellezza delle splendide guache, sopravvissute allo sterminio nazista, di Charlotte Salomon, Katia Ricci ci fa conoscere, accompagnate da 48 belle immagini, le straordinarie e inquietanti opere pittoriche di Séraphine Luis (1864-1942). Una donna povera, orfana, non istruita, allevata in un convento di suore, poi domestica nelle case signorili di un piccolo paese della Francia settentrionale, Senlis, artista autodidatta, consapevole del suo essere artista e desiderosa di affermazione, che si autodefinisce mallard, senza rivali.
A dispetto dell’aspetto rozzo, goffo e trasandato, Séraphine ha dentro di sé sensibilità, gentilezza d’animo ed uno straordinario afflato con la natura della quale sa cogliere i fruscii, i sussurri, il farsi e il disfarsi, che sente di dovere esprimere sulla tela. La forma pittorica è insolita, non prospettica e verosimigliante, ma originale, con una sintassi tutta sua.
Chi le ha dato questo compito? Séraphine afferma: La Vergine Maria e gli angeli del cielo.
I compaesani e i datori di lavoro la deridono ma Séraphine prosegue, ispirata e consapevole, apponendo la sua firma a tutti suoi lavori fino al 1936, anno in cui fu tradotta in  manicomio. Da allora non dipinse più perché, diceva Séraphine, l’arte ha bisogno di libertà.
Commenta Katia Ricci: “L’arte era in realtà un modo per esprimere i colori della sua anima, la propria necessità, il proprio essere.”
Il desiderio che le viene dal profondo di esprimere questo suo mondo interiore visionario, nutrito dalla sua ispirazione, ma probabilmente non ignaro dei fermenti culturali e artistici di cui apprendeva ascoltando conversazioni o leggendo frammenti di giornali, la induce a grandi sacrifici, anche a privarsi del cibo, per procurarsi i materiali per dipingere, tele e colori costosi, che poi impasta con olio delle lampade votive, sottratto di nascosto, fango, erbe selvatiche e sangue animale, in un miscuglio noto solo a lei, con un effetto cromatico inconsueto.
Fiori, frutta, piante, alberi, sono i soggetti rappresentati da Séraphine, ma i colori sono insoliti e le forme, non decorative e facili, non naturalistiche, Natura Morta che non corrisponde in natura. Questo induce Katia a soffermarsi, nel cap. V, in una interessante riflessione sul “genere”, riprendendone l’origine dal fiammingo Still-leven, Vita immobile, e sul tempo in cui fiorisce, alla fine del rinascimento, con le prime crepe della visione antropocentrica, simboleggiata dall’uomo leonardesco. “Da allora, le donne ne approfittarono per esprimere una propria visione delle cose.”
Il percorso di Séraphine, scoperta da un importante mercante d’arte, critico e mecenate, Wilhelm Uhde, tedesco, ebreo ed omosessuale, la porta, sia pur con alterne vicende per il sopraggiungere della prima guerra mondiale, alla notorietà, al successo, all’agio.
“Fu questo a peggiorare il suo equilibrio mentale? Ad esagerare il suo disagio interiore? C’è un legame tra creatività e malattia mentale?” Arte e Psicosi è il capitolo (cap. II) in cui viene evocato il legame tra genio e follia ( in specie quella delle donne, da sempre marchiate come pazze se non rispondenti ai canoni maschili imposti), seguendo un filo che ha interessato molti studiosi, in particolare del '900, e, leggendo le opere di Séraphine, Katia commenta: “l’artista riesce a trasformare la rappresentazione di una pianta in un vivente perturbante senza differenze tra il mondo vegetale e il mondo animale: foglie come teste di uccello, bruchi come foglie, alberi che suggeriscono una visione apocalittica”.
In una lettera dal manicomio, descrivendo il suo tormento, Séraphine confida: “Bisogna che io dipinga, bisogna che metta fuori tutto ciò che è nascosto, là nella testa, alla punta delle dita, nella pancia, dove ciò fa sempre male. Bisogna donare la nascita… far nascere… Ecco perché io dipingo vasi sempre così grossi: Sono come dei ventri gravidi… Bisogna che i vasi abbiano grosse sporgenze, come una donna incinta…”. Sono le parole che Katia riprende e interpreta come una possibile chiave di lettura per comprendere il senso profondo di tutta la sua fantasmagorica e quasi caleidoscopica opera pittorica.
Un tuffo inquietante nell’animo femminile che Katia magistralmente ci aiuta a compiere per aiutarci a riemergere attraverso i flutti torbidi delle nostre vite. Un saggio ed una artista da scoprire.
Anna Potito

venerdì 16 ottobre 2015

Un mondo senza noi

 

Manuela Dviri

Piemme 2015
€ 17,50






Tra Padova e Ancona, tra l'Italia e Israele, tra ricordi personali e documenti ufficiali, tra feste e lutti, Manuela Dviri narra le vicende delle famiglie dei suoi genitori prima e dopo la Vergogna, il varo e l'applicazione delle leggi razziali in Italia, e prima e dopo l'Orrore, la Shoah.
Tra la tranquillità del prima, lo smarrimento e ritrovamenti del dopo, dedica alcune pagine all'anno 1998, quello in cui perse il figlio Ioni mentre prestava servizio militare nell'esrcito israeliano.

Nell'aria c'è il profumo dei frutti dorati dell'albero di guyava che saranno maturi tra una settimana e non ho il coraggio di dire di no ad Avraham, che vuole andare a trovare Ioni  all'ombra del grande ficus, terzo nella fila di tombe militari coperte di pietra chiara del cimitero di Tel Aviv, detto anche con dolorosa ironia "la città dei ragazzi".
Seduta su un muretto penso a quel mio e suo figlio che non abbiamo più, ai grandi occhi neri e alle mani forti di Ioni. Nei rari momenti in cui mi permetto di  immergermi nel suo ricordo o nel pensiero di quello che è - e quello che avrebbe potuto essere - il dolore è quali insopportabile. Ed è solo mio, solo mio. Da non poter o voler dividere con nessuno.


Dalla morte di Ioni, Manuela Dviri, che vive a Tel Aviv ma trascorre lunghi periodi in Toscana, si impegna attivamente per la pace ed esprime il suo dissenso alla politica del governo.
La sua mobilitazione detta delle "Quattro Madri", con azioni di protesta contro la guerra in Libano in corso proprio proprio nel 1998, condurrà al ritiro dell'esercito israeliano dal territorio libanese. Venne allora indicata da un quotidiano israeliano come una delle 50 donne che hanno cambiato la storia d'Israele.
Sul fronte umanitario, ha fondato all'interno del Centro Peres per la Pace il progetto "Saving Children", che ha curato in dieci anni diecimila bambini palestinesi negli ospedali israeliani.
Ultimamente ha partecipato all'incontro in Vaticano tra Shimon Perez e Abu Mazen. Come giornalista, ha collaborato con varie testate israeliane e con il Corriere della Sera, la Gazzetta dello Sport, Gq, Traveller e Vanity Fair. È autrice di vari libri in ebraico e di un'opera teatrale portata in scena da Ottavia Piccolo.
marinella m.

martedì 13 ottobre 2015

Troppa importanza all’amore




Valeria Parrella

Einaudi 2015
€ 14,00





Anche il sole avanzava, allora chiusi gli occhi e rimasi così, senza alcun peso: scoprivo che alla festa siamo tutti invitati a partecipare, ma quello che più importa è come ti senti il giorno dopo.
Tienimi alla giusta distanza da quelli che amo, Dio, cazzo.​
Si è persone come un sacco di persone che danno troppa importanza all’amore.


Nelle storie di Valeria Parrella le relazioni umane sono declinate in un continuo oscillare di forza e fragilità. L’attrazione paralizzante di una donna per il cameriere della pizzeria che da sempre la serve. La paura di un padre che osserva da lontano il figlio problematico che soffre, ma che ha voglia di farcela. L’immobilità del carcere a vita. La morte. Il tradimento.
Un libro che non racconta l’amore ma la vita.
 A.T.


venerdì 2 ottobre 2015

Sono un fascio di relazioni...



Sono un fascio di relazioni, un continuo, un fluire, le porto tutte con me.  (Paolo Jedlowski)
        




Laboratorio autobiografico sul tema della “relazione”

Martedì 27/10, 3/11, 10/11, 17/11, 24/11 ore 17:30-19:30

Muniti di carta e penna rifletteremo in un ottica autobiografica sul tema della relazione in senso ampio: le nostre relazioni con le persone, gli oggetti, il luoghi, gli animali, le varie parti di noi stessi, le situazioni… Relazioni forti, fragili, nutrienti, mutevoli, complesse …
Relazioni che ci hanno plasmato, trasformato e che ci accompagnano. Relazioni piene di poesia nascosta fra mille pieghe? Relazioni apparentemente poco poetiche, da “poeticizzare” con lo sguardo inedito della scrittura, del racconto, che rinnova la realtà, anzi, costruisce una nostra nuova realtà…

Il laboratorio sarà condotto da Corinne Voss, germanista, co-fondatrice e presidente dell’associazione Start, si occupa da anni dell’organizzazione di eventi culturali e seminari di approfondimento nell’ambito della filosofia, letteratura e psicologia.
Ha frequentato la scuola triennale di specializzazione della Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari conseguendo i titoli: esperto in metodologie autobiografiche, esperto in scrittura autoanalitica e consulente in scrittura autobiografica.
Attualmente sta completando il percorso quadriennale di formazione come analista filosofo presso Philo – Scuola Superiore di Pratiche Filosofiche a Milano.

Per informazioni e iscrizioni:
Corinne Voss – 055 230 10 96 – 328 6852950
info@associazionestart.org


giovedì 1 ottobre 2015

Il posto




Annie Ernaux

L'Orma 2014
€ 10,00




Come un chirurgo che maneggia il bisturi con la freddezza e la precisione che sono necessarie in un intervento, così Annie Ernaux, affrancatasi dalle umili origini della sua famiglia, disseziona, senza alcun coinvolgimento emotivo, la morte lenta del rapporto con i suoi genitori.
Gente modesta che gestisce un bar drogheria nella provincia normanna. All'inizio l'attività va discretamente, i clienti appartengono alla classe media e pagano, poi il quartiere cambia volto. Vengono ad abitarvi famiglie numerose in attesa della casa popolare e coppie con risorse limitate e aumenta la lista dei creditori. Persone rassegnate e senza ambizioni, i suoi genitori guardano ai lussuosi negozi del centro come chi, davanti a una vetrina con merce costosa, sa che non può acquistarla. Ce la fanno però a rimanere a galla.
La figlia intanto studia e sente stridente la differenza tra quel mondo e quello da cui proviene. Si diploma, si laurea, insegna, fa un buon matrimonio ed entra in quel mondo borghese da cui suo padre, per tutta la vita, si era sentito disdegnato.
Va a trovarli ogni tanto con il suo bambino di tre anni che chima il nonno quel signore. Durante una di queste visite, il padre muore.
La drogheria chiude e la madre si trasferisce in un appartamento vicino al centro.
Ho finito di portare alla luce l'eredità che, quando sono entrata nel mondo borghese e colto, avevo dovuto posare sulla soglia.

Annie Ernaux è nata a Lillebonne nel 1940 ed è una delle voci più autorevoli del panorama culturale francese. Studiata e pubblicata in tutto il mondo, la sua opera è stata di recente consacrata dall’editore Gallimard, che nel 2011 ne ha raccolto gli scritti principali in un unico volume nella prestigiosa collana Quarto. Considerata un classico contemporaneo, è amata da generazioni di lettori e studenti. Pubblicato in Italia nel 2014, Il posto (Prix Renadout, 1982) è ritenuto il suo capolavoro. Quest'anno è uscito anche il romanzo Gli anni.
marinella m.